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lunedì 6 agosto 2012

Trieste, la cura




Questo fine settimana ho conosciuto un ragazzaccio.
Anzi no. Questo fine settimana ho conosciuto la donna che per due anni ha rubato il cuore al mio amore e che ancora adesso lo fa vibrare di nostalgia.

Lei è bella come le ragazze di Muggia che prendono il sole sul marciapiede del lungo mare e hanno tutte gli occhi azzurri e i capelli biondi.
È variopinta di suoni, dialetti e lingue parlate per le strade e nei locali dove per due giorni ho assistito a una divertente corale di vocali aperte palermitane, esclamazioni milanesi, vocali chiuse triestine e chiacchiere delle minoranze slave.
È colta come i personaggi che l’hanno vissuta o che sono ricordati nelle sue vie o nei suoi palazzi: Svevo, Joyce, Tartini, Covacich, Saba e tanti, tantissimi altri. Ed è calma e silenziosa come il libeccio che soffiava quando siamo andati sul molo audace o la tranquillità che regnava sul bordo della fontana vicino alla quale Joyce andava a fare il bagno (nel mare, non nella fontana).

Lei è Trieste, che ci ha accolto a mezzanotte come una bella addormentata, il mare tranquillo, il vento e il vociare dei ragazzi in Cueva che si prendono le piadine e gli ‘aperitivi’ da asporto.
Ci ha ubriacato di sole e inebriato di amore.
E non si è risentita se l’abbiamo tradita con il castello e le villette di Muggia, che ti allungano la vita di 10 anni anche solo a guardarle; con le Osmize dove le uova sode e i salumi curano anche l’epatite; con il castello di Miramare, bellissimo, dove puoi giocare a fare la Principessa Sissi che guarda il mare; con le slot machine del grand casinò, che se siete nuovi vi regalano anche 5 euro da spendere alle slot; con i cavalli bianchi di Lipica  che vanno pazzi per i taralli pugliesi -se siete fortunati e li trovati fuori al pascolo, non spendete 17 euro per entrare nel maneggio, ma fermatevi accanto al recinto e portategli qualcosa da mangiare. I cavalli vi fanno il favore di lasciarsi ammirare e accarezzare.

L’abbiamo girata molto, ma molto ancora ci rimane da vedere. Ci siamo lasciati con una promessa, di tornare a trovarla, e passare anche da via Foscolo al 32.

martedì 28 febbraio 2012

Via Foscolo al 32


Domenica alle sei di sera ho riportato la mia amica alla stazione. È venuta a trovarmi dopo un bel po’ che non ci si vedeva.
È venuta in città come si dice dalle sue parti e io in quelle parti ci ho vissuto
e vi posso garantire che Milano rispetto a Trieste è un altro pianeta.
Ho avuto la fortuna di trasferirmi a Trieste sul finire del 2008 per fare la specialistica e ci sono rimasto fino alla fine del 2010. Due anni molto intensi.
La prima cosa che vedi di Trieste appena arrivi col treno è il mare; il golfo è uno degli scorci più intensi che abbia mai visto.
Uscendo dalla stazione si sentono voci con cadenze diverse, con toni più bassi, è il silenzio che la fa da padrone. L’odore dell’aria è più fine non punge.
A Trieste quando arrivi ti senti perso soprattutto quando sei di una città gigante e veloce, vedi gli altri in slow-motion mentre tu col tuo passo da calmo doppi anche i pullman.
Ci si mette del tempo prima di farsi accettare, sei un forestiero e vieni da Milano quindi devi essere studiato attentamente.
I Triestini non dicono mai i giorni della settimana con i giusti accenti, li mettono sempre sulla penultima vocale rendendo le conversazioni surreali.
In due anni ho scoperto quasi ogni angolo di questo paradiso al confine con il passato: ho visto il Molo Audace di notte Piazza Unità illuminata sembra un sogno, il golfo dalla piazzetta di Opicina, ho mangiato in quasi tutte le osmize del carso e soprattutto in quella di via dei Modiano (quelli della carte da gioco) e ho bevuto un sacco di calici da Marino e non ne ho pagati una infinità in Portizza.
Mi sono innamorato, disinnamorato, ho fatto l’amore e l’ho lasciata questa città che in realtà è un grande paese, ma ogni volta mi ha ripreso senza farmi sentire in colpa.
Per qualcuno è un ragazzaccio per altri è solo vento e per me è stata una compagna fedele. Come tutte le donne fedeli, anche lei ti si attacca addosso come un tatuaggio al cuore. Io la lascio fare perché mi piace sentirmela dentro che mi fa ricordare ogni volta cosa sono stato e cosa voglio essere.
Anche se ora non calpesto più le sue vie e non salgo più verso via Foscolo al 32 mi sento

sempre parte di lei, spero mi possa perdonare anche stavolta che l’ho lasciata per sempre.