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giovedì 14 febbraio 2013

Né carne né pesce


Drying Fish and Chicken, Frank Wuestefeld

Quando andavo a scuola mi arrabbiavo con quelli che venivano alle manifestazioni solo per fumarsi le canne.
Andavo al kollettivo ed ero in disaccordo con tutti.
Non volevo andare nei bar fighetti perchè ci guardavano male, ma non mi sentivo a mio agio neanche al Leoncavallo, che se entri con i jeans nuovi ti guardano male lo stesso.
Quando mi trovo in mezzo a quelli di destra, sono fiera delle mie idee di sinistra. Le difendo convinta. Ma quando sono in mezzo a quelli di sinistra, quasi mi dà fastidio la loro autoreferenzialità, il parlare al proprio ombelico: stesse battute, stessi clichè.
Sei di sinistra se almeno una volta hai fatto una battuta sul Papa e la Chiesa, se difendi l'eutanasia, gli omosessuali e l'amore libero. Una frase dietro l'altra e poi tiri una boccata di ganja. Hai un amico gay e lo dici come se fosse un trofeo, ma in fondo pensi che se ti nasce un figlio lo preferiresti prete.
Difendi i poveri e i proletari, ma per entrare nel tuo circolo alla fine ti devo dare 20 euro e mi guardi come una pezzente se ti faccio due storie e se sto un po' di più ferma al bancone mi fai sentire in obbligo di bere. Ma poi siamo compagni.

È di sinistra parlare male dei politici di destra, ma anche di quelli di sinistra, perchè ti senti un po' estremista e Nichi Vendola è anche troppo moderato alle volte.
E poi diventi un radical chic, che a Milano va tanto di moda, incatenato alle tue idee e al tuo modo di pensare compiacendoti davanti al tuo pubblico, sicuro degli applausi.
Mi viene in mente la canzone di Gaber in cui dice che "l'ideologia è il continuare ad affermare un pensiero e il suo perché con la scusa di un contrasto che non c'è".
Andare contro, perchè andare contro è di sinistra non l'ho mai sopportato. E io continuo a litigare con tutti, con chi è a favore e con chi è contro. E ho sempre quella maledetta sensazione di non essere né carne né pesce.

venerdì 25 maggio 2012

La politica, quella buona


Le elezioni amministrative e i relativi ballottaggi si sono chiusi qualche giorno fa. Leggendo gli articoli sulla carta stampata e i tantissimi commenti lanciati in internet, non si capisce chi abbia infine vinto. Appare invece nitido il buon risultato ottenuto dal Partito Democratico; il centro-sinistra, laddove si è presentato unito, ha vinto. Ancora più limpida risulta la sconfitta del centro-destra. Anche nella nostra regione il vento è cambiato. Lega e PdL hanno perso un po’ ovunque, i recenti scandali hanno inferto un colpo pesante al Carroccio e pure il Berlusconismo sembra giunto al suo epilogo.
Ci sono due aspetti su cui è indispensabile riflettere per concludere questa semplice analisi.
Il forte astensionismo è un segnale che va compreso, ascoltato e, soprattutto, affrontato. Chiunque faccia politica deve occuparsi di questa crescente sfiducia, tra le priorità di chi governa non può dunque mancare un serio lavoro per il recupero della credibilità affinché la democrazia sia piena e vitale.
Il secondo aspetto, probabile riflesso del primo, è il notevole consenso ottenuto dal Movimento Cinque Stelle, guidato da Grillo. Si tratta certamente di un fatto nuovo dentro il panorama politico classico e pone alcuni interrogativi. Partendo dal presupposto che la politica sia irrinunciabile per la democrazia, che senso ha definirsi antipolitici? Se però questo antagonismo si limita a un certo tipo di politica, la cattiva politica, non possiamo, e non dobbiamo, lasciarne a Grillo l’esclusiva. Se la politica è quella che abbiamo visto (e vissuto) negli ultimi vent’anni non piace nemmeno a me. Anche io sono contraria alla politica della corruzione dilagante, a quella autoreferenziale e che ricerca il bene di pochi e non l’interesse comune. Ma, al contempo, io credo che la politica possa essere qualcosa di altro e di migliore. Ed è per costruire quest’ultima che dobbiamo lavorare. La soluzione proposta da Grillo pare essere una politica ridotta ai minimi termini, fatta da tecnocrati che si candidano ad amministrare le città sulla base dei loro curricula. E, insieme, una politica irosa e arrabbiata, contro tutto e tutti. Che tradisce anche i valori condivisi: il Presidente della Repubblica, il senso delle Istituzioni, il contributo dei cittadini alla spesa sociale e alla cosa pubblica, la lotta alle mafie, i diritti dei bambini di origine straniera. La politica che voglio, e che vorrei vedere crescere e diventare maggioranza nel Paese, è invece quella capace di grandi slanci; una politica che torni a determinare il presente e il futuro, a occuparsi dei cittadini e della loro qualità di vita.
La politica potrà dunque salvarsi se saprà dare torto alle urla di Grillo, attraverso un progetto credibile di uscita dalla crisi economica, sociale e culturale; affrontando i problemi concreti, ragionando su una certa idea di mondo e sulle scelte politiche per realizzarla.
Solo così usciremo a riveder le stelle. E saranno ben più di cinque.
Lucilla