martedì 14 febbraio 2012

Angst



Domenica stavo rientrando a casa dopo il week end passato con la mia ragazza.
Come tutte le volte da due mesi a questa parte torno con la metro visto che l’auto l’ho messa in cantina.
Percorrendo la strada che mi porta da TT verso la stazione sento delle sensazioni che avevo dimenticato.
Una stretta al petto e una confusione in testa tipica da hung over senza però birra o vino in circolo.
Oddio credo sia quella bestia, il cuore parte e le gambe diventano più leggere e il freddo lo senti fino alle ossa.
Oddio si che è la bestia, mi sento come se tra un secondo il mondo dovesse cascare ed io sono nudo davanti a lui.
Oddio è proprio la bestia, la riconosco adesso; mi vuole ammazzare oggi, dopo un bel po’ di tempo in silenzio.
Mia madre dice che il primo attacco di panico l’ho avuto ad 8 anni,
mi ero spaventato a morte per non so cosa e continuavo a dire che mi mancava l’aria,
ma a quell’età mangi, giochi, dormi e non capisci che quello è un allarme.
Arrivato ai 14 capisco cosa è un attacco di panico,
ero alla fermata del bus per andare alla lezione di inglese privata con due amici:
vedo il sole che si fa sempre più abbagliante, il cuore che scoppia e la paura fottuta di lasciarci le penne senza neanche capire perché. Cazzo.
Dai 15 ai 17 ho vissuto il peggio che si possa vivere a quella età;
l’incertezza del non sapere cosa ti sta facendo sentire male ogni giorno,
che ti toglie il fiato e che ti fa pensare di avere un attacco di cuore,
che ti sbatte al suolo e ti lascia inerme, come un carcerato dopo l’arresto. BUM.
Avere paura di morire quando l’unica cosa che dovresti fare è vivere ti fa crescere in fretta e ti toglie la spensieratezza.
Ricordo giorni in cui non uscivo di casa se non per andare a scuola, e star male anche per rispondere al telefono.
In quel periodo leggevo come un pazzo e pensavo a diecimila cose al secondo.
Avevo il pensiero che correva più veloce di un giamaicano in pista.
Il ricordo peggiore sono gli occhi di mia madre che cercavano di non scoppiare e
mio padre che si incazzava perché da uomo non riusciva a trovare una soluzione
nel vedere un figlio che si stava trasformando nell’ombra di sé stesso.
Ne sono uscito anni dopo, o meglio, ho imparato a combatterla a capirla e a fregarla.
Ho preso delle medicine, ma credetemi non servono a nulla.
Serve tanto amore, tanta pazienza e degli amici che ti sappiano prendere per i capelli quando stai affogando.
E serve capirsi e accettarsi e seguire anche una terapia psicoterapeutica che aiuti a sradicare il male.
Io ho avuto queste fortune e ora le conservo. Sono il tesoro più prezioso.
Una cosa positiva di quei giorni ce l’ho; il sentimento forte che mi legava alla vita
ogni volta che passava l’ondata di ferocia che si scatenava nel mio corpo.
Questo è quello a cui ho pensato domenica quando ho ordinato alla bestia di rientrare e godermi la giornata.
PS

1 commento:

  1. complimenti per la gestione della bestia !

    p.s.: Sti cazzi il blog TT non scherza un cazzo !! un sacco di emozioni e storie vere !!! mi piace un casino !!

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