lunedì 11 febbraio 2013

Venezia in maschera


Sabato 9 febbraio, è il carnevale di Venezia, il mio primo carnevale di Venezia.

Mi metto la maschera da organizzatrice: controllo gli orari dei treni, convinco senza troppo successo gli amici a unirsi a questa sfacchinata. Arrivo in stazione alle 7, mezz'ora prima della partenza del treno, regionale, pieno zeppo di persone, tantissime donne, che come noi stanno andando in Laguna.

Approdo a Venezia e mi metto la maschera della donna innamorata.
L'ultima volta che l'ho vista ero con due dozzine di colleghi in pensione e mezzo milione di turisti, di fretta e con la pioggia. Oggi l'aria è fredda, c'è il sole. Sono con il mio fidanzato e la nostra amica di Trieste. Mi aspetta una giornata super. 

Finiamo subito nel ghetto e metto la maschera del silenzio. Dalla porta escono il rabbino e gli altri fedeli che hanno terminato il culto, la piazza è silenziosa e ci ricorda che oggi è sabato per tutti.

Via con la maschera da milanese. Qui non ci sono aperitivi ma è quasi l'ora del pranzo, ci infiliamo in una cicchetteria con quattro veneziani e ci prendiamo spritz bianco, calici di vino, panini e porzioni di: lardo, baccalà, formaggio alle erbe, prociutto cotto e cren. Non c'è nulla sopra i 2 euro e 50 e noi abbiamo bisogno di riscaldarci e riempirci per bene.

Indosso la maschera da bambina e arriviamo in piazza San Marco. Coriandoli e maschere, e anche la chiesa che è un oceano di quadratini dorati. La cosa più divertente è guardare i fotografi professionisti o wannabe che si ammazzano per cogliere il particolare o lo sguardo ammiccante delle maschere; tanti sono gli stranieri travestiti come italiani del Settecento e vanno in giro camminando con il bastone e offrendo il braccio alle dame.

Incontriamo degli amici di Londra ed è la maschera dell'amicizia! Le chiacchiere, la birra e perfino la partita di rugby dell'Italia che, mannaggia, dopo aver battuto alla grande i galletti francesi esce sconfitta dallo stadio Murrayfield.

Ci muoviamo con largo anticipo per tornare a casa, la laguna è illuminata dai lampioni, le maschere eleganti si sono ritirate o stanno andando verso i vecchi palazzi per le cene di gala, i giovani invadono le strade coi loro travestimenti e le risate che sanno di vino. Arriviamo appena in tempo per sederci sul treno con il posto prenotato e indossare la maschera di Morfeo.

Nel sonno le voci degli spagnoli con noi sul vagone e i colori si confondono tutti in una coperta arlecchino di mille maschere della stessa, un po' lunatica, Barbara.

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