lunedì 19 agosto 2013

Rosmarino, please.


Un weekend a Rotterdam dove l'Italia la fa da padrona. Tutti gli amici di Giulia parlano italiano, sarà la moda del momento. Sarà che a Rotterdam è arrivato un napoletano e tutti quelli che gli girano intorno devono conoscere la città in cui se vai poi muori. 

Ogni persona che incontro conosce almeno quattro parole di fila; c'è poi chi ha un quarto di sangue del bel paese e quindi è quasi come se fosse cittadino onorario. 

Discorsi in inglese che finiscono con uno "sei stronzo" con la z moscia tipo calza. Rosmarino, timo, salvia: conoscono i nomi degli odori, hanno libri di cucina italiani e cucinano anche meglio di me; mi chiedono di portargli dell'olio la prossima volta che vado in Olanda. Una fila di buste di biscotti della Mulino Bianco per essere sempre pronti a colazione e l'Amaro Lucano per fine pasto. 

Mi piace immaginare che quando pensano all'Italia la vedano come un piatto di pasta gigante. 

In sottofondo Mina, Domenico Modugno e qualche canzone napoletana. Il tempo si è fermato agli anni '50. Scorre nei loro occhi l'immagine della bella vita e del sole, e io - che mentre li guardo penso che in Italia ci vivo - invece che essere felice quanto potrebbero esserlo loro, mi prende un senso di sconforto. È vero, in Olanda il tempo è brutto e il cibo fa schifo ma basta questo per amare un paese basato sulla dieta mediterranea? 

È un amore platonico che coltivano giorno per giorno attraverso una parola nuova, un biscotto o un cucchiaino di olio nell'insalata invece che la maionese. Gli italiani li guardano orgogliosi e fieri del proprio paese che loro ormai vivono come luogo di vacanza. 

Li lascio ballare la tarantella e li saluto con uno scroscio di pioggia che mi bagna da testa a piedi, scusate ma il sole e i carboidrati mi aspettano, mentre a voi lascio il lavoro e i parchi in cui far crescere i bambini.

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